Bias cognitivi, l’effetto alone
I bias sono distorsioni cognitive che la mente umana sviluppa sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio.
Questo capita perché davanti alla complessità del mondo, la nostra mente cerca scorciatoie (euristiche) per prendere decisioni velocemente. Ricordo, ancora una volta, che il cervello si è evoluto per garantirci la sopravvivenza e tende a ripetere gli schemi che hanno funzionato in passato e a risparmiare lavoro (energia) in ogni processo.
L’effetto alone è un bias descritto per la prima volta dallo psicologo statunitense Edward Lee Thorndike. Lo studioso fece alcune ricerche all’interno dell’esercito, osservò che gli ufficiali, ai quali veniva chiesto di valutare i loro soldati (in termini di qualità fisiche, intelletto, capacità di leadership e qualità personali), attribuivano caratteristiche positive ai loro sottoposti dopo che ne avevano scoperto una qualità positiva. Oppure il contrario, attribuivano caratteristiche negative quando scoprivano una qualità negativa.
Altri studi hanno approfondito questo processo, ad esempio quelli condotti da Nisbett e Wilson. I ricercatori hanno mostrato il video di uno stesso professore a due gruppi d studenti. Nei video si differenziava il modo di comportarsi del professore.
Nel primo cordiale e accogliente.
Nell’altro severo, freddo e distaccato.
Venne poi chiesto di descrivere l’aspetto fisico del professore.
Gli studenti che videro il lato “positivo” del professore descrissero una persona simpatica e attraente. Quelli che videro le caratteristiche “negative” del professore, lo definirono con aggettivi poco gradevoli.
Quando agli studenti venne chiesto se pensavano che l’atteggiamento del professore nel video potesse aver influenzato il loro giudizio sul suo aspetto fisico, risposero con un “no” secco, garantendo che i loro giudizi erano totalmente obiettivi.
Ecco l’effetto alone tende a farci creare giudizi partendo da una singola caratteristica positiva (o negativa). Ad esempio, su una persona curata, ben vestita, carismatica e dall’atteggiamento sicuro di sé, tenderemo a dare giudizi positivi, persino a considerarla più professionale.
Un ufficio ordinato, con mobili di pregio e curati, potrebbe farci considerare il suo occupante più professionale e ordinato, sollecitandoci a stringere un’alleanza anche in mancanza di informazioni più importanti.
Come lo scoprire la professione di qualcuno direziona la nostra mente sul piano inclinato dei nostri pregiudizi. Categorizzeremo questa persona a seconda che sia un dirigente, un impiegato, un operaio o l’uomo responsabile delle pulizie.
I bias non si possono eliminare, la nostra mente ne è piena, ma conoscendoli puoi “aggiustare il tiro” delle tue decisioni. Per controbilanciare l’effetto alone, puoi sentire il parere di altri colleghi su quella persona, stabilire criteri oggettivi per misurare la sua performance. Se hai un giudizio, che sia positivo o negativo, cerca tutti gli episodi che mettano in discussione il tuo giudizio (così bilancerai il bias di conferma).
Se stai valutando un candidato per un ruolo, per prima cosa, definisci più precisamente possibile le caratteristiche ottimali per quel ruolo e dei criteri di misurazione delle stesse. Poi osserva il tuo candidato, prenditi il tempo di valutarlo per un certo periodo, sii disposto a mettere in discussione le tue opinioni e, nel caso, a cambiarle.
Una leadership consapevole è capace di ammettere un errore; il danno è rimanere su decisioni sbagliate che, a lungo andare, impatteranno notevolmente sia sul lavoro che sulle relazioni.
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