Strutture inclusive

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Non mi sento parte dell’azienda

 

Nel 2003 è stato condotto un esperimento da  Jean M Twenge, Kathleen R Catanese, Roy F Baumeister.

Un gruppo di soggetti sono stati fatti incontrare a un colloquio di lavoro. All’arrivo tutti hanno ricevuto una targhetta con scritto il proprio nome. Per qualche tempo sono lasciati a chiacchierare un po’, in attesa del proprio turno.

Poi sono stati chiamati in una stanza separata dal selezionatore per il colloquio. Tra le altre cose viene chiesto di indicare su un foglio i nomi di due, tra le persone che hanno appena incontrato, con le quali gli sarebbe piaciuto lavorare e di altri due con le quali proprio non avrebbero voluto avere a che fare.

In un secondo colloquio i soggetti vengono riconvocati.  A metà gruppo viene detto che tutti gli altri hanno affermato che avrebbero piacere di lavorare con loro.

All’altra metà viene detto che tutti gli altri hanno affermato di non voler avere niente a che fare con loro.

Una manipolazione per creare artificialmente un senso di inclusione e un senso di rigetto ed esclusione.

Lo studio procede con una serie di esperimenti nei quali vengono considerate le implicazioni dell’ostracismo su varie dimensioni psicologiche. Globalmente quello che emerge è che sentirsi esclusi e non accettati dagli altri produce un senso generale di “apatia” mentale.

Ci si aspetterebbe che le persone reagiscano con rabbia o dispetto. Invece la reazione è del tutto diversa: si nota indifferenza, un sentimento di vuota inconsapevolezza.

È come se davanti al dolore del sentirsi esclusi si spegnesse il circuito delle emozioni per evitare di provare sentimenti troppo forti e dolorosi.

Gli esclusi perdono interesse per il futuro, si concentrano quasi esclusivamente sulle conseguenze a breve termine delle loro azioni e cercano gratificazioni immediate. Sviluppano una percezione distorta del tempo e una sensazione che questo si muova più lentamente. Questo elemento produce anche una perdita generalizzata di senso. In genere, infatti, il senso che attribuiamo alle azioni presenti deriva dalle conseguenze future che queste produrranno e una ridotta focalizzazione sul domani tende a sottrarre significato all’oggi.

Creare strutture inclusive dove i collaboratori si sentono parte attiva della squadra, dove proposte ed esigenze vengono prese in attenta considerazione è vincente sul lungo periodo e incrementa la motivazione.

Le basi sono certamente mantenere una fluida comunicazione, sia orizzontale che verticale, creare relazioni virtuose e saper valorizzare le aree di forza dei membri del tuo team. Fai in modo che ognuno trovi il suo posto nella squadra e che percepisca che, le proprie idee, hanno un valore.

Umberto Maggesi

Senior trainer soft skill Forma Mentis

Forma Mentis – segreteria@formamentis.it

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